tempi di guida e riposo

Come gestire l’obbligo di organizzazione delle attività dei conducenti

In sintesi
Secondo la sentenza n. 2557/2019 pronunciata dal Tribunale ordinario di Brescia, il datore di lavoro, per provare il corretto adempimento dell’obbligo di organizzazione dell’attività del conducente, in conformità di quanto previsto dal Regolamento CE 561/2006, deve dimostrare di aver indicato destinazioni che, per le loro distanze, consentano al conducente di rispettare i tempi di guida e di riposo previsti dalla normativa.

Il fatto
La Polizia stradale aveva emesso un verbale di contestazione contro una società di autotrasporti a causa di una presunta “non osservanza delle disposizioni del regolamento CE 561/2006” che disciplina i periodi di guida, le interruzioni e i periodi di riposo per i conducenti che effettuano il trasporto di persone e di merci su strada.
Il ricorso proposto dall’azienda per l’annullamento del suddetto verbale viene rigettato in primo grado perché, nonostante fosse stato dimostrato il corretto adempimento degli obblighi di controllo e di formazione del dipendente, non era stato provato l’adempimento dell’obbligo di organizzare l’attività del conducente in modo da consentire il rispetto della normativa sui tempi di guida e riposo dei conducenti prevista dal regolamento CE 561/2006.
L’azienda dunque propone ricorso lamentando che:

  1. manchi nella sentenza il percorso logico seguito dal Giudice di Pace per arrivare alla conclusione formulata a causa della mancanza di riferimenti alle prove documentali fornite;
  2.  Il Giudice di Pace abbia dichiarato l’inadempimento dell’obbligo di organizzazione dell’attività del conducente nonostante le istruzioni circa i tempi di guida e riposo, conformi al regolamento, fornite al lavoratore;
  3. Non siano state valutate le prove offerte circa l’organizzazione delle attività di tutti i dipendenti nella giornata in cui è stato emesso il verbale.

La parola al Tribunale in funzione di Giudice di Appello
I motivi di appello, vista la loro connessione, vengono esaminati congiuntamente.
Tenuto conto di quanto stabilito dalla normativa in tema di responsabilità dell’impresa di trasporto sui tempi di guida e riposo dei conducenti, viene sottolineato che l’azienda, pur dovendo organizzare in linea generale l’attività dei dipendenti, non può “stabilire in via preventiva gli orari in cui il conducente debba effettuare le pause e le interruzioni prescritte” perciò “l’organizzazione cui è tenuta riguarda l’indicazione di destinazioni che, per le loro distanze, consentano al conducente di rispettare i tempi di guida e di riposo previsti dalla normativa” pertanto, ciò che deve essere provato è il fatto di aver organizzato il lavoro in modo da consentire al conducente il rispetto dei tempi di guida-riposo previsti dalla normativa.
Nel caso di specie, grazie alla documentazione e al tracciato satellitare, considerati gli orari di inizio e di fine dell’attività lavorativa e soprattutto considerato che tra l’ora di rientro effettivo e quella entro cui la giornata lavorativa avrebbe dovuto concludersi vi sia stato un lasso temporale di un’ora e venti, è chiaro che l’organizzazione dell’attività lavorativa consentisse al dipendente di effettuare le consuete pause previste.
Deriva quindi che il Giudice di Pace sia incorso in errore nel momento in cui ha escluso che l’appellante avesse fornito la prova liberatoria.
Per questi motivi l’ordinanza impugnata è stata annullata così come il verbale di contestazione e la parte appellata è stata condannata al pagamento delle spese del giudizio.

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