CORONAVIRUS E BLOCCO DEI LICENZIAMENTI

Il blocco dei licenziamenti è stato prorogato fino al 31 marzo 2021 e non è escluso, considerate le pressioni dei sindacati, che possa essere ulteriormente prorogato.

LE RAGIONI E LE CONSEGUENZE DEL BLOCCO

Le ragioni del divieto sono connesse all’esigenza di dare continuità ai rapporti di lavoro anche nel periodo emergenziale ed alla fruizione degli ammortizzatori sociali Covid-19.

Il blocco dei licenziamenti, introdotto per la prima volta nel marzo 2020 con il decreto “CuraItalia” per un periodo limitato, è stato oggetto di numerosi interventi che ne hanno prolungato la validità. Considerato il lasso di tempo ormai trascorso, molti si interrogano sulla sua opportunità e ciò poiché la salvaguardia del sistema occupazionale dovrebbe tener conto tanto della posizione dei lavoratori, quanto di quella delle imprese.

Secondo alcuni, la proroga del blocco dei licenziamenti in un momento in cui si auspica alla ripresa economica, rischierebbe di avere come risultato l’impossibilità per le aziende di operare le modifiche organizzative necessarie per una reale e significativa ripresa del lavoro. Inoltre, in un momento di “vuoto” del personale, diventerebbe sempre più difficile restare al passo con il sistema produttivo e concorrenziale.

Ecco dunque perché, in vista di un possibile ulteriore differimento dei termini di validità, è importante comprendere l’estensione del divieto e dunque i casi per i quali esso non opera.

I LICENZIAMENTI VIETATI

Il divieto di effettuare licenziamenti di natura oggettiva prescinde dal requisito dimensionale dell’azienda e non è più legato alla fruizione integrale degli ammortizzatori Covid-19.

Quanto ai singoli divieti, non è possibile:

  • avviare procedure di licenziamento collettivo
  • concludere procedure di licenziamento collettivo avviate dopo il 23 febbraio 2020
  • procedere a licenziamenti individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo
  • avviare procedure di conciliazione obbligatoria, previste dall’articolo 7 della Legge n. 604/1966, per i lavoratori in tutele reali (ante Jobs Act)

A tal proposito, è doveroso riportare alcune eccezioni nonché specificazioni.

Per quanto riguarda le procedure di licenziamento collettivo, è ammessa una eccezione allorquando i dipendenti interessati al recesso risultino impiegati in un appalto che ha subìto un cambio di appaltatore, il quale è obbligato a riassumere il personale in forza al momento del subentro.

Quanto ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, individuali o plurimi, occorre specificare che si tratta dei licenziamenti intimati per ragioni inerenti all’attività produttiva, il suo regolare svolgimento e l’organizzazione del lavoro. Pertanto, per motivi legati a scelte imprenditoriali e che non riguardano il lavoratore.

I LICENZIAMENTI CONSENTITI

Si precisa che non è stata prevista nessuna sospensione per le risoluzioni consensuali di lavoro e le dimissioni volontarie o per giusta causa le quali restano, pertanto, consentite.

Fatte queste precisazioni, analizziamo invece quali sono i licenziamenti ancora consentiti.

  • licenziamento per motivi disciplinari (e cioè intimato quando il lavoratore commette un inadempimento agli obblighi contrattuali.)In questo caso, a seconda della gravità dell’inadempimento, si parlerà di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o licenziamento per giusta causa.
  • per superamento del periodo di comporto (periodo durante il quale al lavoratore in malattia viene garantito il mantenimento del posto di lavoro)
  • durante o alla fine del periodo di prova
  • per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia
  • del lavoratore domestico
  • del dirigente
  • la risoluzione dell’apprendista al termine del periodo di apprendistato
  • licenziamento dell’ex socio di una cooperativa di produzione e lavoro, qualora vi sia stata una previa risoluzione dal rapporto associativo, secondo le specifiche previste dallo statuto societario e dal regolamento della cooperativa.

ECCEZIONI PER I LICENZIAMENTI VIETATI

Quanto ai licenziamenti vietati sopra menzionati, alcune deroghe consentono di procedere comunque alla risoluzione del rapporto di lavoro e cioè:

  • in caso di fallimento, qualora non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione.
  • In caso di accordo collettivo aziendale.

Si tratta di un procedimento attivato con le OO.SS più rappresentative a livello nazionale e che si conclude in un accordo certificato tra datore e lavoratore. A seguito di tale accorso al lavoratore verrà riconosciuto il diritto alla NASPI nonché la corresponsione di un ticket di licenziamento.

CONCLUSIONI

L’introduzione del blocco dei licenziamenti ha avuto il merito, almeno inizialmente, di arginare gli effetti negativi del primo periodo emergenziale. Si è voluto probabilmente evitare il disastro sociale, al quale, tuttavia, non sembrerebbe che si sia ancora trovata una soluzione.

Ciò nonostante, è difficile non ravvisare la disparità di trattamento. Infatti, alcune categorie di lavoratori, già a monte della fase emergenziale, non hanno potuto usufruire di alcuna tutela.

Visto il prolungamento del divieto di licenziamento, oggi ci si interroga sull’opportunità che questo permanga a fronte delle difficoltà ravvisate dalle aziende. Non si nega la necessità di interventi a salvaguardia dell’ordine e della salute pubblica.

Ciò che ci si domanda è, tuttavia, su chi debbano gravare le conseguenze di tali interventi.  Fino a che punto può essere compressa la libertà d’impresa privata?

Soprattutto se si pensa che le aziende stanno passando un periodo di grande incertezza che ormai perdura da mesi.

Questo stato di limbo e calma apparente che si trascina da tempo blocca gli investimenti, frena le assunzioni e sta generando crepe che con molta fatica, e chissà in quanto tempo, si margineranno.

Sull’onda del l’“aiutati che Dio ti aiuta”, in attesa che, tra gli altri, il legislatore faccia la sua parte, molte realtà stanno ripensando al proprio modo di lavorare, alla propria organizzazione e al proprio business.

Sono dunque questi mesi cruciali per le aziende, certamente da sfruttare al massimo, per prepararsi ad accogliere le opportunità del futuro che nasceranno dalla crisi in atto.

 

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