Distacco transnazionale: disciplina e chiarimenti

La Direzione Generale dell’I.N.L. il 19 Ottobre ha emanato la Circolare n. 2. Scopo della circolare è stato quello di fornire chiarimenti sul come trattare e interpretare le fattispecie di distacco transnazionale di lavoratori, sulla base soprattutto delle novità introdotte in materia dal D.lgs. 122/2020.

Il D.Lgs. n. 122/2020 – pubblicato in Gazzetta in data 15 settembre 2020 – è andato a recepire la Direttiva europea n. 957 del 2018, che a sua è volta intervenuta a modificare la Direttiva 96/71/CE proprio in materia di distacco transnazionale dei lavoratori.

Prima di analizzare nel dettaglio il contenuto della circolare, è bene fare un passo indietro e capire meglio la disciplina del distacco transnazionale.

Distacco transnazionale: che cos’è

In Italia l’istituto del distacco è disciplinato dal D.lgs. 10 settembre 2003 n.276 (la cosiddetta Legge Biagi). All’interno del suo art. 30 si definisce distacco quella fattispecie nell’ambito del quale “un datore di lavoro per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.

Sotto il profilo soggettivo, tale fattispecie del distacco presuppone la sussistenza:

  • del distaccante, ovvero il datore di lavoro;
  • del lavoratore dipendente del datore di lavoro distaccante;
  • del distaccatario, ovvero un altro soggetto che utilizza la prestazione fornita dal dipendente del distaccante.

Inoltre, il distacco viene considerato legittimo quando sussiste un interesse specifico del distaccante (il datore di lavoro). Questo interesse deve però persistere per tutta la durata del distacco.

Come in molti altri settori, il legislatore ha iniziato a guardare il fenomeno anche in un’ottica sovranazionale, complice l’internazionalizzazione delle imprese e un aumento del fenomeno della globalizzazione – basti pensare al ruolo del principio di libera prestazione, art. 56 TFUE, e quello di libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’UE, art. 46 TFUE – nel mercato transnazionale.

Tali cambiamenti hanno inciso – talvolta negativamente – sullo scenario competitivo internazionale che ha portato ad una necessaria riconsiderazione del fenomeno del distacco intracomunitario, diventato ormai elemento essenziale per la maggior parte delle scelte economiche delle aziende a carattere internazionale.

Ecco che, con la Direttiva n.96/71, l’UE ha fornito un quadro regolatorio di riferimento compatibile con le già preesistenti fonti internazionali. Lo scopo era quello di assicurare condizioni di lavoro e di occupazione a quel lavoratore che temporaneamente svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello da cui proviene.

Ad oggi gli elementi essenziali per identificare il distacco transnazionale – legittimo – sono:

  • l’abitualità dell’occupazione del lavoratore stesso nel territorio di un Paese diverso dall’Italia;
  • che il lavoratore svolga la sua prestazione alle dipendenze di un’impresa che non ha la propria sede in Italia;
  • che la durata del distacco transnazionale sia temporanea.

Differenze tra distacco nazionale e distacco transnazionale

Ciò che distingue le due figure è l’ambito di applicazione dell’istituto del distacco.

distacco transnazionale

Il distacco nazionale si applica a qualsiasi ipotesi di distacco all’interno del territorio italiano. Non importa, quindi, che sia attuato all’interno di un gruppo di imprese, oppure tra due soggetti giuridici differenti. L’art. 30 del D.lgs. 276/2003, infatti, non fa alcuna differenza al riguardo.

Dall’altra parte, le ipotesi di distacco transnazionale disciplinate fino alla Direttiva 96/71/CE – trasposta in Italia con il D.Lgs. n. 122/2020 – erano tre: la prestazione transnazionale di servizi, il distacco infragruppo e la somministrazione transnazionale di lavoro.

Le novità introdotte con il D.Lgs. n. 122/2020

La prima novità introdotta riguarda l’ambito di applicazione dell’istituto.
L’UE ha infatti ritenuto opportuno assicurare la protezione a tutti quei lavoratori forniti da un’agenzia interinale verso un’impresa utilizzatrice, ma che sono nuovamente distaccati dall’impresa perché nel territorio di un altro stato membro.

La disciplina è, infatti, stata estesa anche:

  • alle agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in uno Stato membro diverso dall’Italia che distaccano presso un’impresa utilizzatrice con sede nel medesimo o in un altro Stato membro uno o più lavoratori da tale ultima impresa inviati, nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi diversa dalla somministrazione, presso una propria unità produttiva o altra impresa, anche appartenente allo stesso gruppo, che ha sede in Italia (art. 1, comma 2-bis);
  • alle agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in uno Stato membro diverso dall’Italia che distaccano presso un’impresa utilizzatrice che ha la propria sede o unità produttiva in Italia uno o più lavoratori da tale ultima impresa inviati, nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi diversa dalla somministrazione, nel territorio di un altro Stato membro, diverso da quello in cui ha sede l’agenzia di somministrazione (art. 1, comma 2-bis).

Non solo, ma per garantire gli stessi standard di tutela all’interno del territorio nazionale, l’art. 1 rinnova completamente l’art. 4 del D.lgs. 136/2016. Durante il periodo di distacco, dovranno essere riconosciute al lavoratore distaccato, se più favorevoli, le medesime “condizioni di lavoro e di occupazione” previste per i lavoratori che effettuano prestazioni subordinate con caratteristiche analoghe nel posto in cui si svolge tale distacco.

La ratio ispiratrice della riforma è da ritrovare nel principio della parità di trattamento tra lavoratore distaccato e lavoratore “locale”, come anche sul divieto di qualunque discriminazione fatta sulla base alla nazionalità – e proprio da qua discende anche il principio di parità della retribuzione tra i lavoratori.

Un’ultima modifica riguarda invece l’introduzione del cosiddetto distacco di lunga durata, previsto oggi dall’art.4-bis del suddetto Decreto.

Circolare n. 2 del 19 Ottobre 2021

Come anticipato, la circolare in questione ha fornito alcuni chiarimenti su come trattare le fattispecie di distacco transnazionale di lavoratori previste nel D.lgs. 122/2020.

I distacchi a catena

Il decreto ha introdotto una disciplina specifica per i cosiddetti “distacchi a catena” di lavoratori – chiamati anche doppi distacchi. La fattispecie in questione si verifica in due ipotesi:

  • in ingresso: quando il lavoratore viene inviato nel territorio italiano in esecuzione di una prestazione di servizi di somministrazione che intercorre tra un’agenzia che ha sede in un altro Stato membro dell’Unione Europea e l’impresa utilizzatrice che ha la sede fuori dall’Italia. Questa stessa impresa stipula un diverso e ulteriore rapporto commerciale – ad esempio distacco infragruppo, subappalto, appalto – con un’impresa con la propria sede in Italia. Secondo l’Ispettorato, il rapporto commerciale sulla base del quale lo stesso lavoratore è inviato nel Paese italiano dall’impresa utilizzatrice che ha sede all’estero, non può mai costituire un’ulteriore somministrazione. Deve invece rientrare nell’accezione di prestazione transnazionale di servizi;
  • in uscita: si ha quando un lavoratore è inviato nel territorio italiano per essere poi distaccato presso un’altra impresa che ha la propria sede in un altro Stato membro dell’Unione Europea. Secondo la circolare i distacchi in uscita soggiacciono infatti alla normativa dello Stato in cui viene resa la prestazione lavorativa. Le uniche disposizioni rilevanti in tal senso sono quelle che impongono degli obblighi informativi a carico proprio dell’impresa utilizzatrice che ha sede in Italia e nei confronti dell’agenzia di somministrazione.

Nei confronti di entrambe le ipotesi la circolare sottolinea che, sulla base della nuova disciplina, il lavoratore viene considerato come un dipendente sempre e soltanto dell’agenzia di somministrazione, la stessa con la quale il rapporto di lavoro iniziale intercorre e sulla quale ricadono tutti i relativi obblighi.

Ciò comporta che, nonostante il lavoratore sia interessato da ulteriori invii presso diversi operatori economici aventi sede in altri SM, il soggetto distaccante responsabile del trattamento economico e normativo e degli adempimenti formali va individuato in ogni caso nell’agenzia di somministrazione (datore di lavoro), sulla quale ricadono i relativi obblighi (obbligo comunicazione distacco, nomina referenti in Italia, obbligo di applicazione delle condizioni di lavoro e occupazione più favorevoli).”

Norme per accertare la liceità del distacco a catena

La Circolare infine interviene per dettare alcune norme in capo agli Ispettorati territoriali, che hanno ad oggetto l’accertamento della liceità del distacco a catena.

Gli elementi che attestano sia la correttezza del trattamento dei lavoratori che il rispetto degli adempimenti formali devono essere indagati nei confronti dell’agenzia di somministrazione. Aggiunge però che un’analoga indagine debba essere condotta anche nei confronti dell’impresa utilizzatrice estera.
La verifica deve innanzitutto avere ad oggetto gli elementi ex art. 3, comma 2, del D.lgs. 136/2016.

La Circolare si sofferma inoltre sul modo con cui gli Ispettorati territoriali devono verificare la corretta applicazione delle garanzie di trattamento ai lavoratori delle garanzie di trattamento.

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