Il lavoro al tempo del Coronavirus. Lavoro agile tra privacy e sicurezza.

È passato ormai quasi un mese da quando siamo stati invitati a ricorrere al lavoro agile per fronteggiare l’emergenza sanitaria causata dalla rapida diffusione del Coronavirus.
Nonostante ciò, per molte aziende non è stato possibile usufruire di questa modalità di lavoro perché produttrici di beni e servizi essenziali per il sostentamento del nostro Paese.
In entrambi i casi, è stata comunque necessaria una riorganizzazione generale dell’attività aziendale e della gestione del personale.
Vediamo insieme quali sono i principali aspetti da gestire nel caso in cui sia possibile ricorrere al Lavoro Agile, oppure nel caso in cui ciò non sia possibile per la tipologia e l’importanza dell’attività.


SMART WORKING E CONTROLLI A DISTANZA

Come già visto in uno dei precedenti articoli (Smart working: cos’è e come funziona), lo Smart Working o Lavoro Agile è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato principalmente dalla flessibilità con cui l’attività lavorativa è organizzata.
Molte aziende e studi professionali hanno potuto attivarla per continuare ad essere operativi garantendo così i loro prodotti o servizi.
Rispetto a questa particolare modalità ci si è chiesti se il datore di lavoro possa controllare il lavoro da casa dei propri dipendenti.
La risposta è affermativa, ogni datore di lavoro ha il diritto e il dovere di svolgere controlli sulle prestazioni dei propri dipendenti, ma entro i limiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori).
In particolare, in tema di lavoro agile la norma che più di tutte è da osservare è l’art. 4 che prevede il tassativo divieto di installare ed usare apparecchiature tecnologiche “per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” senza un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali o il rilascio di un’autorizzazione dell’ITL.
Quanto stabilito dalla norma è stato poi modificato con il d.lgs. 151/2015, il c.d. Jobs Act, così da poter comprendere nel concetto di “apparecchiature tecnologiche” anche tutti gli strumenti digitali, come software e webcam, utili a facilitare i controlli a distanza.
In altre parole, se i controlli a distanza sono compiuti attraverso queste strumentazioni con libero arbitrio da parte del datore di lavoro sono da considerarsi illegittimi.

Nonostante ciò, è bene sottolineare che, quanto appena detto, non si traduce in un divieto di controllo assoluto, il datore di lavoro potrà, infatti, compiere dei controlli mirati, anche a distanza, alle seguenti condizioni:

  • aggiornare il codice disciplinare con tutte le possibili condotte che potrebbero dare luogo ad una sanzione disciplinare;
  • i controlli devono essere proporzionati e non invasivi;
  • i controlli devono riguardare i beni aziendali rispetto ai quali non può essere vantata alcuna “aspettativa di segretezza”;

in quest’ultimo caso, è bene chiarire che, al momento della conclusione dell’accordo individuale di lavoro agile, deve essere rimossa tramite un avviso chiaro e preciso che gli strumenti aziendali non possono essere usati per motivi personali perché potrebbero essere oggetto di indagini aziendali.


LA GESTIONE DEI DIPENDENTI IN AZIENDA TRA PRIVACY E SICUREZZA SANITARIA

Per tutti i casi in cui non sia possibile usufruire del lavoro agile, e quindi occorra recarsi sul luogo di lavoro, sono previste alcune misure da attuare in azienda allo scopo di tutelare la salute dei dipendenti. Tuttavia, queste misure hanno il problema di riguardare anche il trattamento dei dati personali relativi alla salute.
Sul tema è dovuto intervenire tempestivamente il Garante Privacy con Provvedimento n. 55 del 7 marzo 2019 vietando ai datori di lavoro di raccogliere in modo sistematico (o anche generalizzato) informazioni sulla salute dei lavoratori loro sottoposti e dei loro contatti stretti esterni alla attività lavorativa.
Questo perché, come è sottolineato dal Garante Privacy stesso, a questa funzione sono già stati preposti soggetti qualificati che già istituzionalmente svolgono questo tipo di funzione (operatori sanitari e protezione civile).

Cosa possono fare i datori di lavoro:

  • integrare le norme di comportamento da rispettare sul posto di lavoro inviandone tempestiva comunicazione ai dipendenti, ai clienti e ai fornitori;
  • elaborare modalità di comunicazione utili ai dipendenti per inviare ogni tipo di comunicazione;
  • sensibilizzare i dipendenti sulle misure tecniche e organizzative che sono tenuti ad osservare per garantire la sicurezza dei dati personali trattati nell’esecuzione della propria attività lavorativa anche da remoto.

Cosa non possono fare i datori di lavoro:

  • raccogliere liberamente, con moduli e autocertificazioni, informazioni sulla presenza di sintomi da Coronavirus o sugli ultimi spostamenti e contatti;
  • aggiornare il personale sullo stato di salute degli altri dipendenti;
  • consentire l’accesso alle informazioni aziendali ai dipendenti che lavorano da remoto soprattutto se con dispositivi personali.

La violazione dei suddetti divieti comporta l’applicazione delle sanzioni previste dal GDPR ovvero il pagamento di una somma il cui importo massimo è 20.000.000 euro o, se superiore, sino al 4% del fatturato totale annuo a cui possono aggiungersi richieste di risarcimento del danno da parte dei lavoratori interessati.


CORONAVIRUS: MALATTIA O INFORTUNIO

Cosa succede se il lavoratore si ammala?
L’Inail risponde a questa domanda con la Circolare n. 13 del 3 aprile 2020 avente ad oggetto la “Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per il conseguimento delle prestazioni Inail. Tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da Coronavirus (SARS – Cov-2) in occasione di lavoro“.
Con essa, in primo luogo, è comunicato che i termini di prescrizione per il conseguimento delle prestazioni Inail ricadenti nel periodo intercorrente tra il 23 febbraio e il 1° giugno 2020, per effetto dell’art. 42, comma 1, del d.l. 17 marzo 2020, n.18 sono sospesi e riprenderanno a decorrere dalla fine del periodo di sospensione.

Ma come sono gestiti i casi di accertati infezione da Coronavirus in occasione di lavoro?
Sempre con riferimento all’art.42, comma 2, d. l. 17 marzo 2020, n.18 che stabilisce che “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro”. In altre parole, l’Inail tutela i casi di infezione come se fossero degli infortuni sul lavoro garantendo tutela assicurativa a tutti coloro che sono assicurati dall’Istituto stesso.

I primi soggetti tutelati sono coloro che, per ragioni lavorative, sono esposti ad un elevato rischio di contagio come ad esempio gli operatori sanitari e in generale le professioni che comportano il costante contatto con il pubblico. Ovviamente, accanto ad essi sono comunque individuati i casi in cui l’identificazione delle precise cause del contagio si presenti problematica; in queste ipotesi l’accertamento medico legale dovrà seguire l’ordinaria procedura.

Per quanto riguarda le modalità di denuncia dell’infortunio, è il medico che redige il certificato che ha l’onere di trasmettere tutta la documentazione all’Inail riportando i dati anagrafici completi del lavoratore, quelli del datore di lavoro, la data dell’evento/contagio, la data di astensione dal lavoro per inabilità temporanea assoluta conseguente al contagio da virus ovvero la data di astensione dal lavoro per quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria del lavoratore sempre legata all’accertamento dell’avvenuto contagio e, in particolare per le fattispecie per le quali non opera la presunzione semplice dell’avvenuto contagio in relazione al rischio professionale specifico, le cause e circostanze, la natura della lesione e il rapporto con le cause denunciate.
Attenzione: nel momento in cui la documentazione dovesse mancare del dato sanitario dell’avvenuto contagio è necessario fornire tale dato il prima possibile per la verifica della regolarità sanitaria e amministrativa per l’ammissione del caso alla tutela Inail.

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