Covid-19 è infortunio sul lavoro?

Nel nostro recente articolo “Il lavoro al tempo del Coronavirus. Lavoro agile tra privacy e sicurezza” abbiamo iniziato a trattare questo delicato argomento cercando di descrivere il contenuto della Circolare n. 13 del 3 aprile emanata dall’Inail.

L’istituto è tornato a pronunciarsi sul tema rilasciando un nuovo documento intitolato “FAQ Coronavirus” per rispondere alle domande più frequenti relative all’accertamento medico-legale dei casi di contagio. Con esso viene prima di tutto confermato che l’infezione da nuovo Coronavirus debba essere trattata come un caso di infortunio sul lavoro: sono quindi ammessi alla tutela Inail tutti i casi in cui sia accertata la correlazione tra l’infezione e il lavoro.

Secondo il documento tutte le categorie di lavoratori sono ammesse a tutela Inail, tuttavia:

  • Per le categorie considerate a rischio specifico (come gli operatori sanitari e in generale tutti coloro che esercitano un’attività professionale che comporta il costante contatto con il pubblico) è sufficiente la presunzione di esposizione personale per poter essere ammesse a tutela;
  • Per tutte le altre categorie di lavoratori invece l’assunzione in tutela dovrà essere preceduta da un accertamento medico – legale della correlazione tra l’infezione e il lavoro.

La tutela copre anche i casi di contagio avvenuti durante il normale tragitto compiuto per spostarsi dalla propria abitazione al posto di lavoro.

Infine, nel momento in cui non sia possibile disporre di tutti i dati sanitari necessari ad elaborare una diagnosi certa, è prevista la riserva di regolarità poiché il mero sospetto clinico non è ritenuto sufficiente per essere ammessi a tutela: è infatti decretato che la qualificazione di COVID-19 come infortunio Inail dipenda dalla positività del test di conferma.
Tuttavia, viste le difficoltà riscontrate nell’effettuazione dei test su tampone, può essere accolta come conferma diagnostica anche la ricorrenza di un quadro clinico suggestivo di Covid-19 purchè sia affiancata da un’adeguata rilevazione strumentale.


GLI ULTIMI INTERVENTI DELL’INAIL
Il 20 maggio 2020 l’Inail ha emanato la Circolare n. 22/2020 avente ad oggetto la “Tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da Coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro” con cui sono state fornite ulteriori istruzioni e chiarimenti su alcune problematiche sorte in relazione al contenuto della Circolare n. 13/2020.

Con la nuova Circolare viene confermato che l’infezione da Coronavirus, se contratta in occasione di lavoro, è tutelata dall’Inail come infortunio sul lavoro attraverso un’equiparazione della tradizionale causa virulenta a quella violenta tipica degli infortuni.
È poi stabilito che l’indennità derivante dall’infortunio copra non solo l’evento del contagio ma anche la conseguente astensione dal lavoro causata dal periodo di quarantena o di permanenza domiciliare obbligatoria.


CONTAGIO SUL LAVORO CHI RISPONDE?
La Circolare è molto chiara sul punto: il riconoscimento di un caso di contagio da Coronavirus come infortunio sul lavoro non va a determinare alcun presupposto per individuare una responsabilità civile o penale dell’azienda. Fa eccezione la prova contraria ovvero la responsabilità sorgerà quando, attraverso fatti noti, precisi e concordanti, verrà accuratamente provato che il contagio sia stato causato da a violazioni di legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche che nel caso dell’attuale emergenza possono essere individuati nei protocolli e nelle linee guida.


LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Poiché il rischio biologico ha una natura generica e non è sempre riconducibile all’attività del datore di lavoro, ma anzi deriva principalmente da dinamiche esterne non controllabili, la valutazione del rischio e le relative misure di contenimento devono necessariamente essere rimesse al Governo, alle Regioni e ai gruppi di esperti chiamati ad indicare le misure e i provvedimenti più opportuni a fronteggiare la pandemia.

In altre parole, si tratta di un rischio non riconducibile all’attività lavorativa e\o aziendale che rende non dovuto alcun aggiornamento del DVR in relazione al rischio associato all’infezione (ad eccezione degli ambienti socio – sanitari in cui il rischio biologico è strettamente interconnesso all’attività professionale).

 


IL RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE
Uno degli aspetti più discussi relativamente alla prevenzione della diffusione del Coronavirus nei luoghi di lavoro è la funzione del medico competente.
Il Ministero della Salute con la Circolare n. 14915/2020 ha confermato che a questa figura deve essere attribuito il ruolo di consulente globale del datore di lavoro per l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione con specifico riferimento al momento di riavvio dell’attività lavorativa in fase pandemica.

Questo significa che è compito anche del medico fornire informazioni precise ai lavoratori sulle precauzioni attuate dall’azienda tra cui devono rientrare:

  • L’obbligo di rimanere presso la propria abitazione in presenza di febbre o altri sintomi influenzali e l’obbligo di avvisare tempestivamente il proprio medico curante;
  • L’obbligo di comunicare eventuali contatti con persone positive al virus avuti nei quattordici giorni precedenti alla presentazione della sintomatologia;
  • L’obbligo di avviso immediato al datore di lavoro con successivo isolamento nel caso in cui la suddetta sintomatologia dovesse presentarsi in azienda.

Altro compito del medico competente è individuare ed elaborare piani di trattamento per i c.d. soggetti fragili ovvero soggetti la cui cagionevolezza sia legata all’età e\o a patologie di cui il lavoratore sia già a conoscenza.

Per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria essa dovrà compiersi secondo le tradizionali modalità al fine di compiere un’adeguata valutazione diagnostica con un successivo giudizio di idoneità alla mansione specifica. Sono quindi escluse le visite mediche a distanza.

In che modo il medico potrà svolgere la sua attività?
Sull’argomento la circolare si limita a ritenere che il medico competente dovrà svolgere la propria attività presso un’infermeria aziendale ovvero un ambiente diverso, ma comunque conforme alle misure igieniche disposte dal Ministero della Salute e dall’Oms: le visite dovranno dunque svolgersi in ambienti idonei di congrua metratura, con adeguato ricambio d’aria e che consente un’adeguata igiene delle mani.

Ad oggi rimaniamo in attesa di nuovi provvedimenti per integrare quanto già conosciuto.

Che il datore di lavoro abbia sempre dovuto gestire situazioni molto delicate come la salute e la sicurezza degli ambienti di lavoro non è una novità. Lo scenario attuale, tuttavia, è mutato e in continua evoluzione e mettere in pratica disposizioni e provvedimenti, talvolta, non è così immediato. Le responsabilità d’altro canto sono molto importanti, visto l’impatto che decisioni errate possono avere sia sull’azienda, sia sulle persone. Per questo suggeriamo di affidarsi a un consulto professionale al fine di gestire la sicurezza della propria organizzazione con l’aiuto di esperti ed evitare responsabilità civili e penali che possono costare i sacrifici di una vita.

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